Articoli, news ed aggiornamenti legali

Una serie di articoli sul Diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, testamenti, proprietà e condominio.

 

La libertà religiosa dei genitori e l’eventuale pregiudizio sui minori

La libertà religiosa dei genitori e l'eventuale pregiudizio sui minori


Una recente sentenza del Tribunale di Pesaro del 09.07.2020 fornisce lo spunto per alcune considerazioni in tema di libertà dei genitori di trasmettere il proprio credo ai figli qualora i genitori appartengano a confessioni religiose diverse.

Nel caso di specie la madre chiedeva la modifica delle condizioni di affidamento del minore cui, in prima battuta, era stato imposto il divieto di partecipare alle funzioni religiose del culto seguito dalla stessa.

Il Tribunale ammette che, qualora sulla base di un accertamento concreto, basato sull’ascolto ed osservazione del minore, emerga che l’esercizio del culto di uno dei genitori possa compromettere la salute psico-fisica o lo sviluppo del minore, è certamente possibile adottare dei provvedimenti restrittivi o contenitivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori.

Il pregiudizio del minore però deve essere valutato in concreto, non certo sulla base delle considerazioni astratte di un genitore rispetto ai principi religiosi seguiti dall’altro genitore (Cass. 21916/2019).

Né viene considerato rilevante da parte del Tribunale che il minore sia stato educato dai genitori ad una diversa fede religiosa; è richiesto invece che ciascun genitore rispetti il credo dell’altro, permettendo e non impedendo al minore di praticare o frequentare le celebrazioni religiose dell’altro genitore, unitamente alle tradizioni ed attività legati alla religione professata da ciascun genitore, anche se in contrasto con i principi della propria.

Risarcimento del danno provocato da fauna selvatica

Risarcimento del danno provocato da fauna selvatica

Non è infrequente che gli animali selvatici possano cagionare danni ai beni delle persone. L’esempio più frequente è quello dei danni cagionati agli autoveicoli a seguito di collisione con animali selvatici.

Per molto tempo detti danni erano considerati non indennizzabili, in quanto la fauna selvatica non aveva in sostanza un “proprietario”. Con la l. 27/12/1977 n. 968 la fauna selvatica (appartenente a determinate specie protette) è stata dichiarata patrimonio indisponibile dello Stato, con attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative e normative. La L. 157/1992 ha specificato che la tutela riguarda le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale, con alcune eccezioni specificate. Detta legge specificava inoltre quali fossero i compiti attribuibili specificamente alle regioni e quali alle province.

Se in origine si era individuato nella regione il soggetto tenuto al risarcimento, nel tempo si è affermato che la responsabilità per i danni causati dagli animali selvatici doveva essere imputata all’ente (regione, provincia, ente parco, federazione o associazione, azienda venatoria od altro ente) a cui gli animali erano stati concretamente affidati nel caso di specie. In alcuni casi veniva individuata come responsabile la provincia, in quanto proprietaria della strada ove si era verificato il sinistro.

La difficoltà ad ottenere il giusto risarcimento si manifestava non solo nell’onere del danneggiato di provare la condotta colposa dell’ente convenuto, ma ancor prima nella difficoltà di individuazione del soggetto responsabile, a causa del sovrapporsi di competenze statali, regionali, provinciali e di enti di gestione i cui rapporti interni non erano agevolmente ricostruibili.

Per la soluzione del problema occorreva stabilire quale fosse la norma giuridica da applicare: l’art. 2043 o l’art. 2052 cod. civ.  L’applicazione dell’2043 c.c. (Responsabilità extracontrattuale) ha come conseguenza la  necessità di individuare effettivamente quale ente abbia in gestione la fauna selvatica, posto che il presupposto di tale responsabilità è la condotta colposa dell’ente nella custodia della fauna. L’art. 2052 cod. civ. prevede invece la responsabilità del proprietario dell’animale per i danni cagionati dallo stesso.

Con la sent. n. 7969/20 la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 2052 cod. civ. ed ha individuato quale soggetto responsabile per il risarcimento del danno esclusivamente la Regione.

L’onere della prova grava sul danneggiato, che dovrà dimostrare che il danno è stato causato dall’animale selvatico appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato (L. 157/1992). Dovrà inoltre dimostrare la dinamica del sinistro e il nesso di causalità tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso subito. Dovrà infine dimostrare di aver fatto quanto necessario per evitare il danno e di aver adottato agni cautela nella propria condotta di guida, dimostrando così che la condotta dell’animale abbia avuto un carattere tale di imprevedibilità ed irrazionalità per cui non sarebbe stato possibile evitare l’impatto.

Per liberarsi dalla responsabilità, la Regione dovrà dimostrare che la condotta dell’animale si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile del danno, non evitabile nemmeno mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure, concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi.

Affido condiviso e collocazione prevalente della prole minore presso un genitore

Affido condiviso e collocazione prevalente della prole minore presso un genitore

Salvo la sussistenza di situazioni particolari, alla separazione dei coniugi consegue l’affidamento della prole minore ad entrambi i genitori, nel rispetto del principio di bigenitorialità, che assicura la partecipazione paritaria di entrambi i genitori alla vita dei figli ed all’esplicazione dei doveri di mantenimento, accudimento ed educazione della prole.

Diverso è il collocamento dei minori presso uno dei genitori, conseguenza questa del fatto che, a seguito della separazione, il nucleo familiare originario si disgrega e uno dei genitori necessariamente si allontana dalla casa familiare.

I minori vengono quindi prevalentemente collocati presso l’abitazione di uno dei genitori, solitamente nella casa familiare, con regolamentazione del diritto frequentazione del genitore non collocatario.

La regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può tuttavia avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione che, partendo dall’esigenza di garantire ai minori la situazione più idonea a salvaguardare  il loro benessere ed a garantire la loro crescita serena ed armoniosa, tenga conto del loro diritto ad una significativa e piena realizzazione con entrambi i genitori, e del diritto di questi ultimi ad una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.

 

 

Testamento olografo

La data nel testamento olografo

 Ai sensi dell’art. 602 c.c. il testamento olografo è quel testamento che deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di pugno del testatore.

La data è un elemento essenziale del testamento olografo e deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa solo quando si tratti di giudicare la capacità del testatore, la priorità di data fra due testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.

La sottoscrizione deve essere apposta alla fine delle disposizioni. Se anche non fatta indicando nome e cognome, è comunque valida quando designa con certezza la persona del testatore.

Essendo la data elemento essenziale del testamento olografo, la sua omissione o la sua indicazione incompleta comporta l’annullabilità del testamento olografo. L’annullabilità del testamento può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, entro 5 anni dalla data in cui le disposizioni testamentarie hanno avuto esecuzione.

La data può essere apposta al principio o alla fine delle disposizioni, prima o dopo la sottoscrizione e non è necessario che vada ripetuta su ciascun foglio.

 

Risarcimento del danno conseguenti al matrimonio

Risarcimento del danno per violazione dei doveri conseguenti al matrimonio

I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio sono previsti dall’art. 143 del c.c. e sono il dovere di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà; si tratta di doveri che hanno una natura giuridica vera e propria.

 

La violazione dei doveri coniugali è sanzionabile in primo luogo con i rimedi previsti dal diritto di famiglia, quali ad esempio la separazione od il divorzio. Quando la violazione dei doveri coniugali provochi la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile, con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c.. Ciò anche laddove non sia stata pronunciato l’addebito a carico del coniuge che li ha violati.

Risarcimento del danno conseguenti al matrimonio

Il diritto al risarcimento richiede due requisiti: la violazione di un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la particolare gravità della violazione, per essere stata realizzata con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva. In tal senso, è risarcibile anche il danno non patrimoniale da adulterio (Cass. 6598/2019), purché la lesione superi la soglia della normale tollerabilità. Il danno cosiddetto endofamiliare da adulterio sarà quindi risarcibile non in quanto tale, ma solo se condotto con modalità insultanti, ingiuriose ed offensive.

In tale materia si innesta una recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, che ha esaminato il caso di un coniuge che scopriva solo dopo molti anni di non essere il padre biologico del figlio nato in costanza di matrimonio. Nel caso di specie la violazione degli obblighi coniugali non era stata ricondotta alla mera violazione del dovere di fedeltà, che non avrebbe potuto da solo fondare la richiesta di risarcimento ex art. 2059 c.c. perché non condotta con modalità insultante ed ingiuriosa, ma al fatto che la moglie aveva nascosto al marito che la gravidanza era dovuta al rapporto con un altro uomo.

 

Buoni Postali Fruttiferi

Arbitro Bancario Finanziario - Risarcibilità degli interessi maturati dal 21° al 30° anno – Buono Postali Fruttiferi Serie Q/P

Sono stati numerosi i ricorsi
presentati negli ultimi anni all’Arbitro Bancario Finanziario (organismo di
conciliazione in materia bancaria della Banca d’Italia) che hanno esaminato il
problema dei rendimenti dei buoni postali fruttiferi serie Q/P.

Si tratta di buoni postali che
originariamente prevedevano stampigliato sul retro un prospetto rendimenti
trentennale, ma sui quali veniva successivamente apposto tramite timbratura un
prospetto rendimenti riguardante il periodo compreso solo tra il primo ed il
ventesimo anno, nulla indicando per il periodo dal ventesimo al trentesimo anno
Quando l’investitore si presentava presso l’Ufficio Postale per la riscossione,
apprendeva che gli interessi che Poste Italiane S.p.a. era disponibile a
versare riguardavano solo i primi vent’anni, nulla corrispondendo per i
successivi dieci.

L’Arbitro Bancario Finanziario si
è sempre pronunciato favorevolmente rispetto alle richieste di corresponsione
degli interessi maturati dal 20° al 30° anno; il Collegio di Coordinamento
dell’Arbitro bancario Finanziario ha poi ulteriormente rafforzato la posizione
dell’organismo in ordine alla risarcibilità.

Con la decisione 6142 del 03
aprile 2020 il Collegio di Coordinamento, dopo aver chiarito che i Buoni
Postali Fruttiferi sono dei documenti di legittimazione, come previsto anche
dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13979/2007, ha riconosciuto che l’emissione
di un titolo le cui risultanze discordino già ab origine dal regime previsto da
un provvedimento precedentemente in vigore, non possono che ingenerare
l’affidamento del sottoscrittore su quanto riportato sul titolo; anzi, ben
oltre un mero affidamento soggettivo, e sul terreno dell’effettivo regolamento
contrattuale, occorre ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre
l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un
contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni”.

L’art. 5 del D.M. 13.06.1986, con
cui è stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente
all’emissione in rilievo, si era fatto carico di imporre agli uffici emittenti
l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare
sul documento il differente regime cui essi erano soggetti.

Ciò però non è avvenuto per
quanto riguarda il periodo temporale dal 21° al 30° anno, che infatti non
veniva disciplinato sulla nuova stampigliatura. Pertanto, il rapporto
contrattuale tra emittente e sottoscrittore si può formare solo sulla base dei
dati risultanti dal testo dei buoni.

Da qui la possibilità, per il
Collegio di Coordinamento, di richiedere legittimamente la corresponsione degli
interessi maturati dal 21° al 30° anno.